Le campagne aversane sono state sempre ambite e decantate per la loro feracità. Ne è una testimonianza il fatto che, sin dai tempi remoti, hanno accolto generosamente popolazioni diverse, dedite prevalentemente all’agricoltura. La quale ha costituito, fino alla soglia dei nostri giorni, la base dell’economia dell’intera zona. Prodotti diversi, dalle granaglie alla frutta, che hanno fatto un po’ la fortuna del luogo, rappresentando un sostentamento per migliaia di famiglie.
A cominciare dai più celebrati, quelli ortofrutticoli, che sono ancora molto richiesti anche dal mercato esterno… come e soprattutto le pesche, l’uva asprigna e le saporose mele.
E, quando parliamo di mele, ci riferiamo essenzialmente a quelle cosiddette «annurche» che sono tipiche della nostra Campania Felix. Per la particolare qualità organolettica dei suoi frutti la mela annurca è definita la «regina delle mele» e ha da sempre caratterizzato la melicoltura campana. La sua raffigurazione nei dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano ed in particolare nella Casa dei Cervi, testimonia l’antichissimo legame dell’Annurca con la Campania felix. La mela avrebbe origine dall’agro puteolano, come trasmesso dal « Naturalis Historia» di Plinio il Vecchio (Como 23- d.C. – Stabia 79 d.C.). Per la sua provenienza da Pozzuoli, definiti gli Inferi, Plinio il Vecchio la chiama «Mala Circula» in quanto prodotta intorno all’Orco (appunto gli inferi). Anche Gian Battista della Porta (? 1535 – Napoli 1615) nel «Suae Villae Pomarium», riferisce come le mele coltivate a Pozzuoli siano volgarmente dette orcole. Da qui i nomi anorcola e annorcola utilizzati successivamente, fino a giungere al 1876 quando il nome «Annurca» compare ufficialmente nel Manuale di Arboricoltura di G.A. Pasquale. Parliamo della mela perché è il frutto per eccellenza, quello che ha la forma sferica del globo terrestre e che in tutti i miti e le religioni ha sempre significato la bellezza, la conoscenza, la prosperità, la fortuna, la giovinezza e l’eternità: in sintesi un vero dono della natura.
Originaria dell’Europa occidentale e dell’Asia settentrionale, la mela è oggi largamente prodotta in quasi tutto il mondo, in cinquecento varietà diverse.
Con 90.000 tonnellate medie annue, l’Annurca rappresenta oltre il 50 per cento della produzione regionale di mele e il 5 per cento circa di quella nazionale. Le qualità di questa mela, fino ad oggi apprezzate particolarmente dai consumatori campani e laziali, stanno progressivamente conquistando sempre maggiori spazi anche nei mercati dell’Italia centro – settentrionale, grazie anche all’ingresso nei canali della grande distribuzione organizzata. Ogni Paese, secondo le caratteristiche del luogo e le proprie esigenze, ha le sue mele preferite.
La nostra Italia, che è il primo produttore di mele in Europa e il secondo nel mondiale, vanta decine di varietà di questo frutto, che si coltiva prevalentemente nel nord-est della penisola. Tra le più rinomate citiamo le Deliziose, rosse o gialle, le Renette, a polpa compatta e un po’ acidula, le Abbondanze, grosse e di colore rosso, le Limoncelle, di colore giallo e dalla polpa compatta ed asprigna, le Granny Smith, di colore verde chiaro e dal sapore asprigno. E ancora le Jonathan, le Morghen, le Ruggine e così via.
In alcune zone della Campania – come accennato – predominano quelle «annurche», dal colore rosso-violaceo e dalla polpa tenera zuccherino-acidula. Mele molto gustose e richieste, prodotte da alberi di medio fusto, i cui filari ben allineati possono essere visti, oltre che nei campi dell’Agro aversano, anche in quelli dei vicini centri di Giugliano – Qualiano (dove persiste la figura del melaro) e della Valle di Maddaloni, andando verso Sant’Agata dei Goti nel beneventano.
Sono frutti che si conservano a lungo, a temperatura ambiente, e che pertanto possono essere trovati in tutte le stagioni dell’anno… anche se con più difficoltà nei mesi estivi, nei quali ci si può trovare di fronte a sottoprodotti o meglio a sottovarietà. Frutti a cui la medicina popolare ha sempre attribuito delle proprietà terapeutiche e curative di diverse malattie, tanto che un vecchio adagio recita testualmente: «Una mela al giorno leva il medico di torno». Non a caso il succo di mela, con l’aggiunta di mezzo limone, viene usato da molti come cosmetico per la carnagione oppure impiegato come dentifricio per far risplendere i denti, se non addirittura versato nell’acqua da bagno per rilassare e rendere fresco il corpo nei giorni di afa.
Le proprietà acidule della mela, secondo lo scienziato statunitense D. C. Jarvis che se n’è occupato, sono terapeuticamente rilevanti: aiutano a fissare il calcio nelle ossa, esercitano un benefico influsso nei disturbi articolari, migliorano il metabolismo e influiscono positivamente sulla flora intestinale distruggendo i batteri nocivi. Quindi la mela è da considerare un «frutto prelibato», che va preferito per le molte virtù. Chi la mangia beneficia di sicuro delle sue proprietà terapeutiche: se poi mangia le nostre mele «annurche» delizia anche il palato.
Articolo di Antonio Marino già pubblicato sulla rivista culturale “Aversa, città d’arte” edita da NERO SU BIANCO nel mese di GIUGNO 2010.