L’ordine delle Cappuccinelle ebbe per fondatrice Maria Lorenza Longo. Questa, nobile catalana, sposata al gentiluomo Giovanni Lonc, anch’egli catalano, reggente del Consiglio Collaterale di Napoli, guarita per intercessione della Vergine di Loreto da un grave male, si diede ad opere di pietà e, morto il marito, fondò nel 1519 l’ospedale degl’Incurabili a Napoli. In seguito fondò due monasteri, ed un altro nel 1538 con regola ancora più rigida, detto delle « Trentatré » dal numero delle suore. In questo convento si ritirò ella stessa seguendo la terza regola di San Francesco.
Quando il monastero passò dai Teatini all’ordine dei Cappuccini, alla terza regola fu sostituita quella del secondo ordine, cioè quella delle Clarisse riformate e le monache del convento delle Trentatré vestirono l’abito cappuccino. Sorsero in seguito nuovi conventi di cappuccine a Roma, a Milano, a Parigi, a Marsiglia e, tra gli altri, questo di Aversa.
Tutta l’Insula delle Cappuccinelle, comprendente il convento e l’annessa chiesa, è delimitata ad oriente da Via del Castello, a settentrione dal vico Cappuccinelle, ad occidente dalla via S. Maria a Piazza e a mezzogiorno dal vicolo di S. Domenico che costeggia la chiesa.
Sull’origine di questo monastero non si hanno notizie molto precise. Si sa che da principio fu un piccolo conservatorio, cioè una casa monastica nella quale le vergini desiderose di perfezione si ritiravano facendo vita di penitenza e di contemplazione, ma senza che vi fosse la clausura. Quasi certamente la fondazione di questo conservatorio risale al XV secolo.
Il Parente, invece, senza troppa convinzione, riporta come data di fondazione quella del 1599, ma questa data, molto probabilmente, si riferisce ai lavori di ampliamento del monastero e della chiesa, voluti da un certo Vincenzo Dragonetti e che si svolsero appunto tra la fine del secolo XVI e l’inizio del XVII. Vincenzo Dragonetti, cittadino aversano, scampato ai pericoli della guerra, e cioè dopo le tre spedizioni d’Olanda, la battaglia di Lepanto e la battaglia contro i barbareschi di Tunisi, forse per sciogliere un voto, volle che fossero ampliati il monastero e la chiesa. Quest’ultima,dedicata alla Madonna delle Grazie, era posta in giurispadronato del convento, e dopo l’ampliamento fu dedicata alla Madre di Dio Maria Assunta in Cielo. L’ ampliamento fu eseguito per l’interessamento del Vescovo di Aversa Bernardino Morra nel 1604 con il consenso di papa Clemente VIII.
Per quanto riguarda il Convento, esso rimase conservatorio fino a che, il 27 settembre 1680, il papa Innocenzo XI approvò, con un rescritto l’istanza di questa comunità religiosa, che fosse trasformato in clausura. Ciò avvenne il 24 marzo 1681 essendo Vescovo di Aversa Mons. Paolo Carafa.
Un notevole ampliamento, anzi quasi una totale riedificazione, subì il monastero durante il periodo in cui fu Badessa la Serva di Dio Suor Maria Gabriele de’ Martini (1746-1775). Questo rifacimento improntò di se tutto il complesso rendendo illeggibili le parti di epoca anteriore.
I lavori, durati 18 anni, incominciarono nel 1746 col restauro della chiesa che era ridotta in pessimo stato, e poi continuarono con la riedificazione ed ampliamento del monastero, fino al 1764. Tutto questo si deve anche all’interessamento di Carlo di Borbone, della regina Maria Amalia e di altri nobili benefattori; ciò permise altresì l’acquisto del carcere, delle botteghe e degli edifici attigui al convento, rispettivamente ad oriente e a nord e ovest, in modo che il monastero rimase isolato.
II convento, come appare oggi, presenta l’ingresso rivolto a sud, sulla parete normale alla facciata della chiesa, con una piccola piazzetta innanzi. Si accede, per mezzo di cinque scalini di pietra, al vestibolo; sulla sinistra vi è la porta che da accesso al parlatorio; da questo si accede ad un doppio porticato fra tre file di pilastri. A sinistra di questo porticato, cioè a sud, vi è un cortiletto che costituisce il nucleo originario del convento, reso illeggibile dal rifacimento settecentesco.
Da questo cortiletto si accede al coro inferiore che comunica con la parete di fondo della chiesa.
Dal suddetto cortiletto si può salire al campanile della chiesa e si accedeva, fino a qualche tempo fa, anche al coro superiore mediante una scala che, essendo in stato rovinoso, è stata eliminata durante gli ultimi lavori di restauro.
Il nucleo principale del convento è costituito da un giardino centrale, rettangolare, col lato lungo parallelo alla direzione nord-sud. Esso si trova a destra del doppio porticato già citato ed è circondato anche sugli altri tre lati da un porticato con archi a tutto sesto , una volta tompagnati e successivamente aperti e dotati di vetrate, ai quali corrispondono all’interno le crociere di copertura del porticato stesso. A questo giardino si accedeva, un tempo, direttamente dalla via del Castello mediante un portone carrese.
Dal porticato si accede ai vari ambienti destinati al lavoro delle suore, al refettorio con la cucina, e ad alcuni locali adibiti a deposito. A nord di questo giardino vi è un cortile rustico al quale si accede, mediante un portone, anche dal vico Cappucci-nelle; da questo cortile una scala conduce al piano superiore adibito ad abitazione delle suore. Qui, in corrispondenza degli archi a tutto sesto del porticato intorno al giardino, si affacciano le finestre, circondate da cornici barocche in stucco, e di un altro corridoio sul quale danno le celle delle suore. La copertura di questo corridoio era prima costituita da travi in legno, oggi sostituite da travi in ferro con tavelloni di argilla.
Più su vi sono i granili con terrazze in corrispondenza dei porticati inferiori. La copertura dei granili è a tetto con coppi di argilla.
La chiesa Madre di Dio Maria Assunta in Cielo, la cui facciata è barocca, ha l’ingresso ad oriente e vi si accede mediante quattro gradini di pietra. All’interno presenta una navata unica con tre “scheletri” di altari sulla parete di destra e altrettanti su quella di sinistra una volta rifatti in marmo da Suor Maria Gabriele de’ Martini ma trafugati dopo che la chiesa fu chiusa al culto per i danni subiti dal terremoto del 23 Novembre 1980. Sul fondo, oltre l’arco trionfale, vi è l’Altare Maggiore, anch’esso parzialmente trafugato, in un’abside rettangolare sulla quale si imposta la cupola ellittica, raccordata agli angoli per mezzo di pennacchi.
Nella navata, tra un altare e l’altro, vi è una lesena con capitello composito. Al di sopra degli altari corre un cornicione, che è più aggettante in corrispondenza dei capitelli delle lesene, e si inarca al di sopra degli altari, che sono inclusi, ognuno, in un arco a tutto sesto. Più su, in corrispondenza di ogni altare, vi è una finestra (tre per lato), ma la prima sulla parete di destra è cieca perché è in corrispondenza con un ambiente del monastero. L’altare maggiore è illuminato anche da un oculo aperto alla sommità della cupola. Sulla destra, vicino all’ingresso della chiesa, vi è la sacrestia dalla quale, per mezzo di una scala, si accede all’organo barocco posto al di sopra dell’ingresso, di fronte all’altare maggiore.
Il soffitto, di legno dipinto, è stato rifatto nel restauro del 1961, come si legge nella scritta sulla chiave dell’arco trionfale: «PAX ET BONUM – RESTAURATA 1961».
Al centro del soffitto vi è un dipinto che rappresenta la Madonna portata in Cielo dagli Angeli. Nell’abside, sulle pareti di sinistra e di destra, si sono due dipinti attribuiti a Francesco De Mura e raffiguranti rispettivamente: « L’Ultima Cena » e «II Redentore che lava i piedi a S. Pietro ». Dietro l’Altare Maggiore vi è un quadro che rappresenta, nella parte superiore, l’Assunzione di Maria Vergine incoronata e sorretta da Angeli, mentre in basso vi sono i Dodici Apostoli. Al di sopra di questi tre dipinti dell’abside, vi sono tre grate lignee dipinte in oro, che corrispondono al coro superiore del monastero, oltre a quella, già citata, che sta in basso, dietro l’Altare, e corrisponde al coro inferiore. Questa grata è il cosiddetto « comunichino » da dove le suore, senza accedere nella chiesa, ricevevano la comunione durante la S. Messa.
Il pavimento è in mattonelle maiolicate e non è stato toccato dal recente restauro.
Certamente la chiesa, rifatta nella metà del Settecento, è barocca, anzi, più propriamente, « rococò ». La facciata, infatti, presenta delle decorazioni in stucco di gustosa fattura.
Analizzando le decorazioni, non si può fare a meno di pensare ai nomi di Domenico Antonio Vaccaro e di Ferdinando Sanfelice , massimi esponenti del barocco napoletano fino alla metà del Settecento.
È arduo stabilire se la chiesa di Aversa sia più vicina al gusto vaccariano o a quello sanfeliciano; certamente sia l’uno che l’altro potrebbero esserne stati autori, dato che morirono entrambi nel 1750, cioè dopo la data d’inizio dei restauri della chiesa delle Cappuccinelle. Molto probabilmente, però, l’autore fu un allievo del Vaccaro e, probabilmente, lo stesso che realizzò la coeva facciata della chiesa di S. Maria del Popolo, quasi gemella di quella di Maria SS. Assunta, chiesa delle Cappuccinelle.