Chiesa di S. Antonio di Padova

La chiesa di Sant’Antonio di Padova risale ai primi anni del XIII secolo, contemporaneamente all’arrivo dei monaci francescani nella città. Aversa fu una delle prime diocesi a vantare la presenza di chiese e comunità francescane sul territorio, molto probabilmente ciò fu dovuto alla grande amicizia che legava l’allora vescovo di Aversa Mons. Giovanni Lamberto (vescovo di Aversa dal 1229 al 1234) e  San Francesco d’Assisi.

Inizialmente dedicata a Sant’Antonio Abate venne, solo dopo la santificazione di Sant’Antonio di Padova nel 1232, dedicata a quest’ultimo e divenne convento dei frati dell’Ordine dei Minori Conventuali. 

Sorto agli inizi del ‘200 il complesso si ampliò sempre più fino ad occupare un’intera insula che oggi comprende Piazzetta Lucarelli e Via P.M. Virgilio. La struttura originaria era ispirata all’architettura gotica, privilegiata dagli ordini mendicanti per le sue caratteristiche di sobrietà ed essenzialità. Fu poi ricostruita nel ‘700 secondo il gusto barocco, per via dei gravi danni subiti in seguito al terremoto del 1694, tra cui il crollo della cella campanaria ottagonale e della cuspide terminale e l’irrimediabile danneggiamento dell’altare maggiore.

Nel 1805 fu oggetto di nuovi lavori di riparazione successivi al cedimento del muro esterno della chiesa (lato che affaccia su Via seggio) dovuto ad un nuovo terremoto. I lavori riportarono alla luce un piccolo portale gotico affrescato (probabilmente un’entrata secondaria), che ora fa parte di una piccola cappellina esterna, ed una monofora.

Nel 1809 il monastero di Sant’Antonio di Padova fu uno dei tanti conventi soppressi dal decreto di Gioacchino Murat e successivamente destinato a diversi usi, tra cui caserma per le truppe di passaggio e scuola comunale.

Danneggiati gravemente dal terremoto del 1980, solo dopo un lungo e attento lavoro di restauro, la chiesa prima ed il convento poi, sono stati restituiti alla città ed ai frati Minori Conventuali tornati nell’antico complesso nel 1992.

E’ proprio grazie all’ultimo restauro che oggi si possono ammirare alcune parti dell’antica struttura gotica. Partendo dalla facciata, di cui si è recuperato il portale a sesto acuto, il rosone centrale, le due monofore laterali ed i cantonali in pietra squadrata.

Internamente la chiesa si presenta ad un’unica navata, completamente imbiancata. Le pareti laterali sono scandite da quattro coppie di lesene di ordine ionico e  tre rientranze per lato in cui sono posti altrettanti altari settecenteschi.  Al di sopra delle lesene corre una trabeazione che separa la zona inferiore degli altari da quella superiore dei finestroni ovali che, con molta probabilità, sostituirono le monofore del periodo gotico. Il soffitto ligneo a lacunari ha, al centro, un quadro recente del Santo di Padova  che sostituisce una tela simile d’epoca seicentesca.

Al coro si ha accesso tramite un arco trionfale a sesto acuto su cui si possono ammirare traccie di affreschi trecenteschi.

La zona absidale, a pianta quadrata e coperta da una volta a crociera divisa in quattro parti da grandi nervature, ospita  il settecentesco altare maggiore decorato con marmi policromi, cherubini capoaltare e stemma francescano. Dietro l’altare c’è un grande e moderno organo a canne (circa 2000) costruito negli anni ’80 che vanta di essere uno dei più grandi di Terra di Lavoro.

In fondo alla parete dell’abside si trova una grande trifora a profilo trilobato su cui ci sono ulteriori tracce di affreschi risalenti al periodo gotico. Dal 1987 la trifora è stata impreziosita da vetrate istoriate, opera di Padre Tarcisio Musto dei Frati Minori Conventuali.

Sulla stessa parete, in basso a sinistra, è ancora parzialmente leggibile un affresco risalente probabilmente al cinquecento, mentre sulla parete laterale destra un portalino in tufo giallo ad arco a sesto acuto con lunetta decorata con motivo floreale.

All’interno della chiesa troviamo un notevole patrimonio pittorico; su ogni altare laterale, infatti, si trova un dipinto incorniciato da elementi decorativi settecenteschi quali conchiglie rovesciate e festoni floreali.

All’ingresso, sulla destra, è posizionato un crocifisso ligneo del XV secolo.

Continuando, sul primo altare, vi è una tela raffigurante Sant’Antonio Abate, a cui inizialmente era dedicata la chiesa. Egli è raffigurato accanto ad un fuocherello, simbolo iconografico attribuito al santo che allude sia alle tentazioni da lui subite e sconfitte, sia alla malattia (fuoco di Sant’Antonio), da cui secondo la leggenda, guariva, sia all’ardente amore per Cristo. In basso a destra, un angelo regge un cartiglio su cui vi sono il nome del committente (F. Marco da Frattamaggiore), la data (1665) e la sigla CMP del noto pittore maddalonese Carlo Mercurio.

La tela posta sul secondo altare, risalente al ‘500, raffigura S. Giovanni Battista rappresentato secondo la tradizione iconografica vestito di pelli di cammello ed un mantello rosso e, tra i piedi, un agnello. Nella parte superiore una Madonna con Bambino tra San Francesco d’Assisi e San Francesco di Paola.

Al terzo altare destro una tela, probabilmente risalente al XVI secolo, raffigurante la Madonna con il Bambino tra S. Pietro e Sant’Andrea con i loro simboli iconografici (chiavi del paradiso e croce decussata). Al centro della scena, in lontananza, è rappresentata la chiamata dei due apostoli sulle sponde del lago Tiberiade.

Chiude il lato destro una piccola nicchia con statua lignea di Santa Chiara.

Di fronte ad essa, sul lato sinistro, si trova un’altra nicchia con statua di San Francesco d’Assisi.

Continuando sulla parete sinistra, sul primo altare vi è un dipinto cinquecentesco poco leggibile per via delle lacune di colore. Nella parte inferiore, vi è Sant’Antonio che ha nella mano sinistra un libro, simbolo della predicazione, attorniato da angeli su nubi e  fedeli in preghiera; mentre, nella parte superiore, è raffigurata la vergine  in una nube dorata.

Il secondo altare è dedicato alla traslazione della Santa Casa di Loreto. L’altare fu, infatti, concesso alla confraternita laicale dedicata  alla Madonna di Loreto fondata nel ‘500 presso la chiesa di Sant’Antonio. Nella parte superiore del dipinto è rappresentata la Vergine, incoronata dagli angeli, seduta sul Santuario di Loreto trasportato da putti. Ai lati San Lorenzo, (a destra) con in mano lo strumento del suo martirio, la graticola, e Santo Stefano (a sinistra) con il vestito sporco di sangue, a ricordare la lapidazione. Nella parte inferiore, un vescovo inginocchiato con prelati e nobili, da identificare probabilmente con i committenti, cioè i membri della confraternita.

Da notare la stola indossata dal  vescovo su cui sono raffigurati i Santi Patroni di Aversa.

Sul terzo altare vi è una tela che ha per tema l’Assunzione  in cielo della Madonna. La Vergine è sorretta da angeli e circondata da simboli mariani. Particolare degno di attenzione di quest’opera è, nella parte bassa, l’illustrazione della città di Aversa,  a cavallo tra ‘500 e ‘600, ed in particolare della Chiesa di Sant’Antonio con il campanile romanico ancora integro.

Infine, all’ingresso, sul lato sinistro, un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna con Bambino  tra San Giacomo (a sinistra) e San Ludovico da Tolosa (a destra).

Accanto alla Chiesa di Sant’Antonio di Padova è situato ciò che resta dell’antico convento. Il chiostro, a pianta rettangolare, costituito da due livelli. Sul porticato, che conserva gli archi a sesto acuto del periodo gotico, è stato aggiunto, probabilmente nell’ottocento,  un piano superiore.  Internamente al chiostro sorge il campanile risalente al periodo romanico. Esso ha base quadrata e si erge su 4 ordini, mancante della cella ottagonale e della cuspide.

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