San Lorenzo ad Septimum

Il Cenobio benedettino di S. Lorenzo con la sua grande e luminosa basilica, i due chiostri e quel che è rimasto del giardino appariva fino a pochi decenni fa in una posizione di splendido isolamento. Esso infatti era situato originariamente, al pari del complesso benedettino di San Biagio, al di fuori delle mura della città, assicurando la solitudine propria della regola benedettina.

La data di fondazione dell’antico cenobio potrebbe essere il 988 così come determinato da R. Guida in una recente pubblicazione (“Dai Vichinghi ad Aversa Normanna” – LER edizioni – 2007). Quindi il monastero preesisteva alla fondazione di Aversa (1022) ed alla sua elevazione a “Contea” (1030) con la nomina a Conte del fondatore Rainulfo Drengot. La contea fu istituita nel 1030 e coincideva con il borgo denominato Sanctu Paullum at Averze, al confine tra il ducato bizantino di Napoli e il principato longobardo di Capua, nella regione in Octabo, quando già esisteva lì vicino un altro luogo ad Septimum, cioè al settimo miglio della via consolare all’incrocio della maglia di centuriazione nel punto in cui essa è intersecata dal tracciato della via Campana che collegava l’antica Capua con lo sbocco a mare dove sorgeva un piccolo mona­stero benedettino dedicato a S. Lorenzo, fondato dai principi longobardi della vicina Capua.

Il monastero di S. Lorenzo conoscerà un momento di decadenza nel XV sec., periodo in cui la reggenza del cenobio viene affidato nelle mani di prelati che nulla sapevano della vita religiosa e che vivevano lonta­no dal cenobio che avrebbero dovuto governare. Il regime degli Abati commen­datari iniziò nel 1339 e terminò nel 1513 ma il momento di massima decadenza fu nel 1456 quando, a causa di un violento terremoto la fabbrica fatiscente del vecchio san Lorenzo crollò in gran parte, con la distruzione del chiostro romanico e del transetto grande della basilica normanna.

Nel 1513 tale periodo di decadenza si chiude in seguito all’aggre­gazione del monastero alla Congregazione Cassinense. Assistiamo quindi ad un momento di profondo rinnovamento spirituale e cultu­rale a cui si associa un rinnovamento totale degli edifici conventuali, tanto che la badia aversana divenne una delle più distinte di tutta la Congregazione. È in questo periodo che il cenobio prenderà l’assetto che vediamo ancora oggi, infatti vengono realizzati i due chiostri, in particolare il Chiostro Grande attorno al quale si distribuisce lo spazio per l’osservanza monastica: a nord la Basilica a tre navate, il Coro rinascimentale e le cappelle realizzate per la devozione dei fedeli; a est, la sala capitolare, l’ar­chivio e la biblioteca; a sud, la cucina e depositi; a ovest, il grande refettorio; ai piani superiori i dor­mitori e l’appartamento abbaziale e attorno al Chio­stro Piccolo la Foresteria per l’accoglienza. Il cenobio di San Lorenzo divenne in questo periodo un vivacissimo cantiere, animato dalla presenza di molti operai, occupati nella costruzione dei nuovi ambienti conventuali e nel riadattamento dei vecchi locali per le nuove funzioni. I lavori iniziarono nel 1513 e si concluderanno dopo oltre un secolo, nel 1627 mentre il completamento della la decorazione pittorica, degli altari e degli arredi sacri continuerà fino al 1728.

Alla fine del XVIII secolo comincia il periodo di definitiva decadenza del complesso: secondo il Parente infatti, nel 1796 l’Abate di S. Lorenzo entrò in conflitto con la Curia Vescovile di Aversa, per il controllo giurisdizionale del Lago di Patria e tale scontro indebolì molto l’Abazia ma la definitiva soppressione dell’ordine religioso avviene nel 1807.

A partire da questa data il complesso divenne prima sede del regio collegio per nobili fanciulle “Casa Carolina “; successivamente Orfanotrofio Militare di S. Lorenzo di Aversa, dipendente dalla pro­vincia di Terra di lavoro; Istituto artistico S. Lorenzo, Scuola di Avviamento professionale al Lavoro “S. Lorenzo ” e Istituto tecnico Industriale “Osvaldo Conti”. Attualmente gran parte del complesso e il chiostro è in uso alla Secon­da Università di Napoli, ed è sede della Facoltà di Architettura, mentre il chiostro piccolo è parte della Basili­ca di S. Lorenzo che i recenti restauri hanno restituito alla città dopo diversi decenni di abbandono.

IL COMPLESSO ARCHITETTONICO

Secondo i ritrovamenti archeologici ultimamente realiz­zati, in epo­ca alto medioevale 1′ area circostante l’abbazia di san Lorenzo costituiva una necropoli ed è ipotizzabile che essa fosse collegata ad una costruzione adibita al culto. Su di essa successivamente si insediò una struttura produttiva di tipo agricolo che potrebbe anche essere stata legata ad una cella monastica di cui tuttavia, al momento, non è stato possibile individuare alcuna traccia. Si può ritenere che agli inizi dell’XI secolo si sia orga­nizzata una struttura monastica articolata, questo nuovo edificio doveva avere l’impianto comune delle chiese campane di questo periodo cioè con schema basilicale a tre navate e terminazione triabsidata, forse corrispondente, più o meno alla chiesa che oggi vediamo fino allo spazio presbiteriale.

La preesistenza di una piccola struttura mona­stica è attestata anche dalla donazione del Papa Urbano II che elargisce dei privilegi al monastero di san Lorenzo, nella persona dell’abate Guarino e attesta la prima consistente campagna di lavori intorno all’anno 1090, poco prima dell’avvenuta donazione. La chiesa voluta dall’abate Guarino seguì lo schema delle chiese soggette alla regola Cluniacense, intorno all’anno 1080 era stato nominato abate Roberto monaco normanno legato direttamente o, secondo alcuni, fratello dello stesso Witmondo che pochi anni dopo sarebbe divenuto vescovo di Aversa, divenendo di fatto non solo il collegamento fra il monachesimo benedettino e l’episcopato aversano ma anche anello di congiunzione tra fra i modelli oltralpini ed il gusto costruttivo locale che troverà la sua mas­sima espressione nel coro con deambulatorio della Cattedrale di san Paolo.  L’impianto originario era caratterizzato dal corpo allungato del presbiterio; Il coro era scandito da arconi che poggiavano su un pilastro con colonne binate, mentre nella parte restante dell’edificio ai pilastri si af­fiancano colonne in tufo giallo, sormontate da capitelli in pietra bianca, visibili oggi nei tasselli dei pilastri. La facciata era preceduta da un pronao e decorata con un rosone centrale, lesene verticali in corrispondenza delle nava­te interne e archetti pensili a coronamento del timpano; il tutto era completato da portali bronzei e un ricco pavimento a mosaico che richiamava i motivi delle colonne.

Il terremoto del 1456 diede alla struttura un colpo durissimo: crollarono il campanile, a destra della facciata, la parte superiore delle absi­di, il vano laterale del coro. Andarono distrutti gli amboni e gli altri arredi e la chiesa rimase in abbandono fino agli inizi del secolo XVI quando cominciarono i lavori che diedero all’edificio all’attuale immagine barocca introducendo forme proprie del Rinascimento toscano, grazie anche ad una committenza religiosa di provenienza settentrionale, dalla personalità decisa ed illuminata che disponeva di una certa lar­ghezza di mezzi da investire, nel restauro del san Lorenzo, ed impiegava tecnologie moderne secondo il gusto più in voga al livello internazionale. In alcune parti è utilizzato materiale di reimpiego, ma nella maggior parte si tratta di realizzazioni ex novo: in questo momento infatti vengono realizzati i due chiostri dove viene sperimentato ad Aversa il motivo dei peducci delle volte realizzati con elementi di pietra serena, elemento che certo non appartiene al gusto locale, ma che in seguito ritroveremo in altri edifici cittadini. Il nuovo campanile fu costruito nel vano laterale destro del coro, mentre il corrispondente vano a sinistra venne occupato dalla sagrestia. Tutti i frammenti recuperabili degli arredi in mosaico e degli elementi in materiale lapideo furono riutilizzati all’interno di nuove sistemazioni: fra l’archivolto ed il timpano del porta­le principale; in un’ architrave della porta di accesso alla sagre­stia, nel lavabo, etc. Secondo lo schema post-tridentino furono anche realizzate le cappelle laterali, arricchite da preziosi dipinti. Infine l’uso come edificio scolastico non ha portato modifiche all’edificio le cui forme sono ancora oggi ben visibili. Dopo la soppressione napoleonica infatti una serie di dissesti comportò il crollo della parte superiore della facciata princi­pale causando la rottura dell’ariete e di uno dei leoni stilofori. La chiesa rimase in totale abbandono fino al 1979 anno in cui fu avviato un complesso intervento di restauro che hanno dato alla chiesa l’aspetto attuale.

La chiesa si presenta quindi oggi all’estero caratterizzata da una facciata semplice ed austera, con tre portali corrispondenti alle tre navate; in particolare il portale centrale è costituito da una struttura di doppie colonne corinzie, scanalate con movimento elicoidale, architravate poggianti su leoni accosciati con due agnelli; la struttura termina con un doppio timpano, triangolare e ad arco tutto sesto; teste taurine e, al vertice, un’aquila allusiva a San Benedetto. Nella lunetta s’intravede un affresco che raffigura episodi del Santo (XVII sec.), mentre laterali due portali marmorei rinascimentali, che dovettero sostituire gli altri due di Berardus come cita la scritta del portale centrale.

L’interno si presenta a tre navate scandite dai forti pilastri collegati da archi a tutto sesto, intervallati, con ordine concatenato, a un binato di paraste con capitello composito e, nel registro più alto, una fila di finestre alternate ad affreschi della vita di san Benedetto oggi purtroppo perduti. Notevole la decorazione in stucco, in particolare dei capitelli e delle volute che ornano le volte e le cappelle oggi in massima parte vuote o chiuse per restauro. Del ricco patrimonio artistico di cui fu dotata la chiesa a partire dal XVI sec. ci resta la testimonianza del Parente che ci segnala la presenza di un dipinto della scuola di Marco Pino da Siena raffigurante S. Pietro in vincoli scarcerato dall’an­gelo che infrange le catene; una Cena della scuola del Lanfranco, Una Natività di ambito caravaggesco, ed una tavola S. Mauro del Cavalier d’Arpino, indicative di una apertura all’am­biente artistico napoletano.  Possiamo ancora oggi discernere, sebbene con difficoltà, per la presenza di una spessa coltre di polvere, le tempere di Nicola Malinconico (Napoli 1663-1721) nella volta dell’abside, raffi­guranti Episodi della vita di S. Lorenzo martire  e nelle lunette Fasti dell’ordine Benedettino incorniciate da ricchi e fastosi fregi, i dipinti nella volta sono firmati e datati 1707 e vediamo come Malinconico abbandoni la tavolozza di influenza Giordanesca per avvicinandosi al Solimena adottando quindi un classicismo temperato, abbandonando lo stile barocco e i forti chiaroscuri ma mantenendo una potenza scenografica e una luminosità ancora di giordanesca.  La zona absidale è arricchita poi da un pavimento in maiolica nel 1695 e da un altare in marmi commessi e policromi nel 1725 ed era completata di una serie di dipinti di Simonelli, di cui alcuni data­ti 1708.

 Forse sono di mano del Malinconico anche S. Benedetto e S. Lorenzo martire a destra e a sinistra della navata centrale in ariose finte architetture e il dipinto nella lunetta del portale normanno raffigurante Episodi di S. Benedetto. Il corredo artistico era completato da quattro tele di Sebastiano Conca, artista di origini Gaetane giunto ad Aversa dopo un intenso periodo romano, intratteneva intensi rapporti sia artistici che personali con Luigi Vanvitelli. L’arredo sacro della chiesa è oggi in custodia presso la Sovrintendenza dei beni culturali di Caserta e l’abbazia di Montecassino.

Di particolare interesse gli altari che completano la chiesa. L’altare della navata destra della fu sicuramente realizzato nella seconda metà del XVIII sec. e possiamo attribuire la sistemazione dell’altare al 1788, come si rileva dalla data incisa sulla soglia d’ingresso della chie­sa. L’altare s’innalza su tre scalini ed è formato da un paliotto marmoreo a motivi fitomorfi. Al centro vi è un elegante scudo in breccia verde e cornice in marmo ocra e bian­co. Ai lati si vedono due colonnine aggettanti che sorreggono la mensa. Tutta la composizione appartiene ad un gusto neoclassico, denunciato dai due capitelli laterali privi degli abi­tuali angioletti barocchi. E’ necessario segnalare che nella navata sinistra, un tem­po, era posto un altare di identica fattura, attualmente nella chiesa di S. Eufemia di Carinaro.

L’altare maggiore ha subito notevoli rimaneggiamenti nel corso dei secoli, sono infatti leggibili due manufatti diversi. Il primitivo altare fu realizzato nel tardo quat­trocento; interamente scalpellato in pietra calcarea locale, mo­stra al centro del paliotto un’unica decorazione in tessere marmoree facenti parte della decorazione in mosaico della chie­sa medievale. Nel 700 fu ampliato il piccolo altare quattrocen­tesco con i due pilastrini laterali che sorreggono la parte supe­riore decorata da due eleganti volute laterali. La decorazione estremamente semplificata lascia presumere una data abbastanza tarda per la realizzazione del manufatto e certamente l’altare laterale destro fu realizzato in epoca precedente e con maggior dispendio di de­naro. Alla stessa epoca di quest’ultimo appartiene sicuramente l’edicola, che attualmente non è più situata in situ ma appoggia­ta nella sacrestia, dove venne collocata intorno al 1950. La pic­cola edicola risale sicuramente al pieno barocco con le eleganti volute e la piccola testina d’angelo posta al centro tra i due cartigli.

Gli altari delle navate laterali, sono tutti di identica fattura, e datati al 1730 in sostituzione di più antichi manufatti in stucco. Realizzati in pietra calcarea locale, presentano un decoro al cen­tro del paliotto ed ai due lati, sviluppato in semplici rosoni, inta­gliati a motivi fitomorfi. La mensa è sorretta da due pilastrini scanalati, fortemente aggettanti. Ogni altare ha innanzi una ba­laustra in pietra locale, che contrasta decisamente, nell’elegante traforo del disegno, con la severità formale degli altari.



[1] Relazione dello stato del Monasterio di S. Lorenzo d’Aversa dell’ordine di S. Benedetto…1649 in E. Rascato, L’abbazia di San Lorenzo di Aversa, 2001

[2] Platea dei beni di San Biagio, 1587 in ibi.

[3] A. Gallo, Aversa Normanna, in ibi

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